Leggiamo in un editoriale del corriere una brillante analisi sociologica secondo cui lo smart working avrebbe aiutato le donne con figli, permettendo loro di “bilanciare la vita lavorativa e familiare”. È vero quanto si dice nell’editoriale, che per le donne impegnate in professioni che richiedono la presenza fisica la pandemia e la chiusura delle scuole hanno significato grandi difficoltà, portando spesso alla perdita del lavoro. Ma celebrare il telelavoro come una soluzione è agghiacciante.
Riproduce l’idea tutta patriarcale delle donne “brave nel multitasking”, ovvero la constatazione del fatto che le donne sono costrette a far quadrare le proprie vite con un carico di lavoro di cura immenso. “Conciliare la vita lavorativa e familiare” durante il telelavoro è stato un incubo per moltissime donne, costrette a prendersi cura dei figli e della casa mentre tentavano di lavorare, e viceversa.
Le donne hanno lottato per liberarsi dalla casa – che per inciso, come hanno fatto notare molte realtà antiviolenza come la Casa delle donne, per le donne non è mai stata un luogo sicuro, ma è spesso il luogo di riproduzione della violenza.
Qualche anno fa il patriarcato diceva alle donne che scegliere la propria carriera, i propri desideri e i propri tempi di vita era egoista, perché non si sarebbero prese adeguatamente cura dei loro figli. Ora, i luminari del patriarcato ci propongono orgogliosi una soluzione: non serve lasciare la casa per lavorare! Potete farlo comodamente da casa vostra, mentre cambiate il pannolino a un bambino e cucinate la cena, nei ritagli di tempo potete lavorare!